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Il
lebbrosario di Puri: una tragica normalità
parte 1a: Mostruosità
di Alessandro Cappelli
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Nel nostro immaginario collettivo c’e’ una malattia che
suscita un moto di orrore e repulsione.
Una sorta di condanna divina
che associamo a immagini di mostruosità vestite di stracci, di
epidemie, di fetore ed isolamento.
Qualcosa che ci colpisce nel profondo con un moto di
ribrezzo.
E’ la lebbra.
Quanto sono potenti queste evocazioni e quanto altrettanto stupide!
Avere avuto la possibilita’ di entrare in un lebbrosario,
vedere, parlare, curare e comunicare e
condividere con queste persone una piccola fetta della mia esistenza e’ stata una esperienza bellissima
e indimenticabile.


La serenità, la gentilezza, ma anche al contempo la
rassegnazione di questi poveretti mi ha
colpito profondamente nella sua tragica normalità.
Non sono mostri ma esseri umani sofferenti, piu’ di
pregiudizi culturali che di una vera patologia, grave soprattutto nei
suoi esiti invalidanti.
Le deformita’ che associamo a questo morbo sono il frutto di
ignoranza, indifferenza e poverta’ che
portano delle persone sane a trovarsi
mutilate e deformi molti anni dopo la comparsa dei primi sintomi che facilmente sarebbero stati curati senza
conseguenze successive.

Ricordo con affetto di essermi seduto assieme a loro nelle
loro camerate semplicemente a sorridere
ed a fare sentire la mia presenza, la mia colpevole voglia di farli sentire miei pari .
Ricordo la loro semplicita’
ed il rispetto che manifestavano
di fronte a questo straniero
caduto dal cielo.

Ricordo la gratitudine per avere di pochissimo alleviato le loro sofferenze.
Ricordo la bellezza e
la serenita’ del lebbrosario, i bambini e le famiglie in cui vivono gomito a gomito sani e malati
senza alcun problema.

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